Il ruolo pubblico del cristianesimo.

Bene il Cardinale Parolin

Che il cristianesimo debba tornare ad essere se non protagonista della vita pubblica italiana, ma almeno capace di incidere nella società è un'esigenza sentita da tanti e non solo dai cattolici. Per questo salutiamo con grande soddisfazione le recenti dichiarazioni del Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Parolin secondo il quale "I cattolici, lo abbiamo già detto tante volte, devono tornare ad esprimere la loro posizione all'interno del dibattito politico: che parlino e che siano anche tenuti in considerazione perché io credo che i cattolici per la loro storia e per i contenuti delle loro proposte possono dare davvero delle risposte effettive ed efficaci ai problemi del Paese e anche a un certo modo di vivere la politica”.

Va perciò stabilito, alla luce di queste importanti indicazioni, se la nostra religione debba avere un ruolo pubblico da svolgere o debba rimanere solamente una questione privata.

“Non abbiate paura di Cristo, non temete il ruolo anche pubblico che il Cristianesimo può svolgere per la promozione dell'uomo e per il bene dell'Italia”, aveva detto il San Giovanni Paolo II a Loreto nel 1985, in occasione del Convegno nazionale della Chiesa italiana.

Ed, invece, proprio questo ruolo pubblico della Chiesa e questa rilevanza sociale del Cristianesimo vengono dimenticati e messi in discussione, alle volte, dagli stessi cristiani che ancora oggi ritengono di dover mutuare da altri sistemi filosofici e politici le soluzioni ai problemi della società contemporanea.

“Nella loro religiosità privata – disse il Cardinale Ratzinger in una conferenza tenuta a Pescara su iniziativa anche di scrive – si tengono ben fermi alla fede, ma non hanno il coraggio di intuire che questa fede ha qualcosa da dire all'uomo in una prospettiva totale, che essa è anche una visione del suo futuro e della sua storia. Dal peccato originale fino alla redenzione l'intero edificio della verità tramandata appare ad essi troppo irrazionale e irreale per osare di portarlo alla luce del sole nel dibattito pubblico”.

Ma questo non era l'obiettivo che si erano posti i nemici della Chiesa di tutti i tempi?

Il processo di laicizzazione è sotto gli occhi di tutti, ad esso hanno contribuito un po' tutte le forme di pensiero oggi tanto in voga: agnosticismo, indifferentismo, naturalismo, umanesimo, hegelismo, marxismo, evoluzionismo, positivismo, ambientalismo ed animalismo ecc. ecc.

Proprio per questo la formazione all'impegno sociale e politico è dovere della Chiesa, che deve fornire dottrina e stimoli ai cristiani, perché proprio attraverso l'impegno sociale e politico la loro fede cresca e lieviti, aiutandoli a vivere in pienezza la loro condizione di cristiani e di cittadini.

“Per loro vocazione – recitava una nota pastorale emessa dalla Conferenza Episcopale alcuni anni fa è proprio dei laici cercare il regno di Dio, trattando le cose temporali e ordinandole secondo il suo piano”: questa vocazione, però, deve essere aiutata e sollecitata a maturare, in modo che, diventando testimone di fede, di carità e di esperienza, il cristiano intenda l'esercizio della politica come servizio all'uomo ed al bene comune sia a livello locale che nazionale ed internazionale”.

E' un invito quello del Magistero della Chiesa “alla sintesi coerente fra l'interiore tensione verso un cristianesimo esigente e l'efficacia delle azioni sociali e politiche nella nostra società complessa”, indicando “la coerenza e la capacità di sintesi tra vita personale e impegno sociale e politico”.

 

Riccardo Pedrizzi