Il vento della libertà e della responsabilità

Nei giorni della vittoria di Giorgia Meloni, che molti italiani hanno vissuto con sentimenti di commozione, ho pensato molto al tema della libertà, dopo aver assistito ad una campagna elettorale nella quale, dopo alcuni anni, finalmente il popolo italiano si è potuto esprimere “liberamente” senza condizionamenti esterni, nel nome dell'Europa, o dei tecnici ritenuti i migliori del popolo, andando oltre ogni pregiudizio ideologico, che ove è stato cavalcato ha punito severamente chi lo ha utilizzato.

Comunque si pensi ed a qualunque schieramento si appartenga, Giorgia Meloni è stata apprezzata per la sua militanza giovanile; è stata vista come la rappresentante di una comunità umana e politica coesa e ben organizzata; è stata riconosciuta come una cattolica di fede con un'idea di famiglia naturale e di società organica e ben ordinata; come donna, in quanto madre, ma anche come figura carismatica con capacità di leadership; che si muove agevolmente dal focolare domestico alle stanze di Palazzo Chigi.

Con la nascita del governo di centrodestra la grande opinione pubblica ha sentito alzarsi un nuovo vento di libertà che da anni non si sentiva più spirare e che era calato del tutto sotto i colpi della tecnocrazia, dei migliori, dei governi di unità nazionale per le emergenze – si diceva – che si sono succeduti.

Un vento di libertà che ha abbattuto gli steccati di quelle ideologie che pur erano state sconfessate dalla storia ma che resistevano con luoghi comuni, pregiudizi ideologici, rendite di posizione cinquantennali. Il vento di una libertà non astratta, ma espressione di regole condivise che garantiscono la pace sociale e la convivenza serena di chi rispetta e chiede rispetto, una libertà che non va erosa nel quotidiano ma affermata giorno per giorno nei diritti e nei doveri e nelle identità di un popolo. Uno degli autori a cui mi sono sempre ispirato, e a cui ho dedicato libri e approfondimenti giornalistici, Edmund Burke, il conservatore liberale che oggi risulterebbe attualissimo se chi enuncia questi principi si ricordasse di leggerlo e di citarlo, amava dire che “Il vero pericolo è quando la libertà viene rosicchiata, per comodità, a pezzi”.

E contro questo pericolo è arrivato il tempo della responsabilità.

Le ultime elezioni politiche, con il loro esito scontato, hanno segnato di fatto il ritorno, seppure appena accennato, del bipolarismo che fa intravedere, auspicabilmente, al termine del nuovo corso, il ripristino della “democrazia dell'alternanza”.

I giochi, però, attualmente verranno fatti ancora da tre schieramenti: L'alleanza di Centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia), i 5 stelle e il PD.

Nelle loro mani c'è il futuro del nostro Paese.

Un futuro dalle tinte fosche, che non può non destare grandi preoccupazioni e che vede attualmente la nostra economia presentare, a causa della guerra che ci sta dissanguando, grandissime difficoltà ulteriormente aggravate dal peso di un debito pubblico mastodontico, di una burocrazia complicata e spesso che non collabora e dal ritardo dei pagamenti da parte persino della Pubblica Amministrazione.

La situazione dei conti pubblici, infatti, è balzata a 2.756 miliardi pari al 152% del Pil che sicuramente continuerà ad aumentare.

Dinanzi a questo scenario così preoccupante il prossimo Governo, ancorché sostenuto da una maggioranza ampia e solida, corre un rischio enorme ed incalcolabile perché i mercati, gli investitori in titoli di Stato, le agenzie di rating, difficilmente potrebbero tollerare turbolenze politiche e decisioni avventate.

Bisogna perciò sperare di continuare a pagare interessi sostenibili con la possibilità di avere nel prossimo anno una crescita del Pil più consistente.

Ma occorre fare presto, perché non è difficile prevedere che la politica monetaria della BCE potrebbe provocare inevitabilmente una restrizione del credito alle imprese ed alle famiglie, facendo abortire i sintomi di ripresa e di crescita, che pur avevamo registrato dopo la pandemia.

Il futuro dell'Italia perciò dipenderà dalle decisioni che le forze politiche (prima fra tutte il Centrodestra, che è al governo, ma anche, 5 Stelle e Pd che sono all'opposizione) assumeranno per assicurare una pace sociale quanto mai necessaria per dare stabilità, affidabilità e credibilità al nostro Paese: all'interno, diffondendo e promuovendo la fiducia e, soprattutto, all'esterno e, purtroppo, piaccia o non piaccia a quell'entità senza volto, che è rappresentata dai “mercati”.

E la stabilità, l'affidabilità e la credibilità potranno essere conseguite e realizzate solamente se la nuova classe dirigente, che siede attualmente in Parlamento, saprà riscoprire l'interesse generale e tendere al “Bene comune”, che non è la somma degli interessi dei singoli e non consiste “nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro” (Costituzione pastorale “Gaudium et spes”).

 

Meloni: "Grazie al Santo Padre per il suo invito alla concordia"

"Ascoltiamo sempre con attenzione le parole del Santo Padre, perenne monito alla saggezza e alla carità, e lo vogliamo ringraziare sentitamente per il suo incoraggiamento e sopratutto per il suo invito alla concordia nazionale e internazionale".... "Le grandi sfide che abbiamo davanti non si vincono se non unendo gli sforzi di tutti gli uomini e le donne di buona volontà".

 

Questo grande, corale obbiettivo e questo risultato potranno essere raggiunti e realizzati solamente se i singoli soggetti politici sapranno mettere da parte i propri interessi particolari, le proprie rivendicazioni partigiane, i propri odii del passato e del presente e formare un blocco di responsabilità in grado di affrontare i gravissimi problemi che assillano le nostre famiglie e le nostre imprese.

I primi segnali di questo ritrovato senso di responsabilità, - si auspica definitivo e per il futuro - così come è sempre avvenuto ed avviene quando un Paese è in guerra e noi lo siamo, sono arrivati da tutte le confederazioni sindacali che hanno recepito le aperture di Giorgia Meloni (all'assemblea della Coldiretti ha ripetuto spesso: “non intendiamo fare da soli”) ai corpi sociali intermedi ed hanno anche compreso che, non solo dal punto di vista sindacale, ma anche di quello della concezione della società, è cambiato totalmente il vento.

Sono tutte belle notizie, dunque, quelle che arrivano dal mondo dei sindacati dei lavoratori e che stanno ad indicare un'inversione di tendenza anche perché queste forze sociali sanno che nella tradizione del Centrodestra c'è sempre stata una particolare sensibilità per il mondo del lavoro, per la concertazione e per il dialogo sociale.

Negli ultimi anni, invece, c'era stato un vero e proprio attacco ai corpi intermedi con la concezione dell'“uomo solo al comando” e, sopratutto, con la cosiddetta “disintermediazione” in nome del primato della politica e della urgenza della decisione politica.

In nome proprio del primato della politica e della rapidità decisionale abbiamo avuto, dal governo Monti in poi, anni in cui si è lavorato allo smantellamento del mondo della mediazione socio-politica e degli enti che per tradizione ne sono stati protagonisti.

Attraverso la marginalizzazione dei sindacati, delle organizzazioni imprenditoriali e professionali, del volontariato si era voluto creare un deserto della rappresentanza intermedia e, alla fine, fra potere di vertice e la base si era creato il vuoto. E non ci si era resi conto che quando c'è un vuoto, qualcuno lo riempie. E così è avvenuto con il prevalere della rete che, invece, di unire ha isolato ancor di più i singoli navigatori, creando un popolo senza volto e senza legami e con il prevalere di lobby più o meno trasparenti.

Proprio per questo è da tempo ormai che più voci si sono levate per lanciare un allarme su quella che era diventata una vera e propria deriva di annientamento dei cosiddetti corpi sociali intermedi, disattendendo del tutto, tra l'altro, il sacrosanto principio di “sussidiarietà” che può applicarsi e realizzarsi solo e proprio in presenza di corpi sociali.

Nonostante questi tentativi di annientamento dei corpi sociali, le dichiarazioni dei leader sindacali rivelano, invece, che c'è una grande voglia di partecipazione politica e che non si vuole lo scontro sociale con il governo di Centrodestra.

Si tratta, perciò, di fare, ora, un grande lavoro per ricostruire la società nella sua dimensione intermedia tra economia e politica, tutti insieme, lavoratori ed imprenditori, governo ed opposizione.

 

Riccardo Pedrizzi