La vera causa degli infortuni è il mancato riconoscimento della dignità del lavoro

Un ragazzo di 18 anni è morto in un incidente all'interno di un'azienda a Noventa di Piave, specializzata nella lavorazione del metallo. Era uno studente di un istituto tecnico di Portogruaro e stava svolgendo uno stage in azienda. Si chiamava Giuliano De Seta, viveva a Ceggia, sempre in provincia di Venezia, il giovane è stato colpito da una lastra di metallo. La tragedia è avvenuta alla BC Service. Non è il primo ragazzo che muore in uno stage sul lavoro. Prima di lui altri due studenti avevano subito la stessa sorte nel corso di quest’anno. Una tragedia quella costata la vita nel gennaio 2022 a Lorenzo Parelli, 18 anni, al suo ultimo giorno di stage nell'ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro, alla Burimec, un'azienda meccanica di Lauzacco, in Friuli.

Anche in quel caso, Lorenzo fu ucciso dal crollo di una putrella, che gli franò addosso. Tre settimane dopo era morto in provincia di Fermo, in un incidente automobilistico il 16enne Giuseppe Leonci, di Monte Urano, che svolgeva lo stage presso un'azienda termoidraulica.

Ogni giorno siamo costretti a leggere nella cronaca dei quotidiani la notizia dell'ennesimo incidente sul lavoro. E' una lista infinita, che vede vite spezzate e famiglie distrutte e che non accenna a diminuire, anzi.

Si muore nelle campagne, nell'edilizia, nell'industria. Da inizio anno sono diverse centinaia i morti per infortuni sul lavoro. Tre vittime al giorno per Inail, 4 per l'Osservatorio indipendente di Bologna. L'Inail nel 2021 ha registrato 1361 denunce di infortunio con esito mortale, mentre le denunce di infortuni sono state 564mila e quelli accertati sono stati 685 di cui 298 avvenuti fuori dall'azienda. La classifica per settori vede al primo posto l'agricoltura, seguita da edilizia, autotrasporto e industria. E' evidente che gli ispettori del lavoro da soli non bastano, occorrono più poteri ai dipendenti. Per questo si pensa ad un rafforzamento delle sanzioni previste dal Testo unico su salute e sicurezza del lavoro.

“La questione delle morti sul lavoro assume sempre più i contorni di una strage continua. C'è l'esigenza di prendere provvedimenti immediatamente”. Cosi aveva promesso il premier Mario Draghi.

Naturalmente le cause che vengono continuamente individuate sono sempre le stesse: mancati controlli degli Ispettorati del lavoro che scarseggiano di personale; non rispetto delle regole da parte di imprenditori disonesti, poi, lo sfruttamento del lavoro nero e la mancanza di sicurezza.
La verità, però, è un'altra e la causa principale viene da lontano ed è il mancato riconoscimento della dignità del lavoro.

Questo avviene perché, come anche l'Ocse ha documentato, la distribuzione del reddito tra capitale e lavoro è peggiorato radicalmente; I redditi da lavoro, anzi le condizioni del lavoro, regrediscono ed accentuano le disuguaglianze di reddito, ricchezza, potere economico, mediatico, culturale e politico. Le ragioni sono molteplici: l'integrazione globale dei mercati, in particolare lo smantellamento di ogni controllo dei movimenti di capitale, senza standard democratici minimi sia sul versante sociale che ambientale. Il capitale fa shopping globale delle condizioni di lavoro, condizionando la politica e le organizzazioni del lavoro; entrano, così, sulla scena globale, masse enormi di lavoratori di riserva, un miliardo di uomini e donne affamati dalla Cina, dall'India, dal Sud-east asiatico, dal Brasile; si verifica la drammatica asimmetria nei rapporti di forza tra capitale e lavoro come mai prima nel corso del “secolo breve”. Da un lato, il capitale, a caccia di lavoro low cost nelle sterminate praterie dell'economia globale. Dall'altro, il lavoro, regolato nella dimensione locale della politica e del sindacato, sempre più svalutato. (cfr. Cap. XXVI “Industria 4.0 e lavoro” del libro “Il Salvadanaio. Manuale di sopravvivenza economica” di Riccardo Pedrizzi. Editrice Guida – Napoli – 408 pagg. - 18.00 euro).

Si tratta dunque di una “nuova questione sociale”, che va affrontata andando “oltre” il paradigma liberista ed assumendo una concezione radicalmente alternativa dell'uomo, inteso non più come individuo, atomo isolato, ma come persona e, in particolare, persona inserita in una storia, in corpi sociali intermedi, e che anche quando lavora è definita nella sua identità attraverso le relazioni con gli altri e radicato sul territorio.

Del resto anche per la tradizione socialista, socialdemocratica, laburista e comunista del movimento operaio, la persona veniva del tutto annullata essendo la “classe operaia”, l'“operaio massa”, l'aggregato sociale il suo principale riferimento.

Mentre per il pensiero sociale della Chiesa: quel che conta è “il primato dell'uomo sul lavoro e il primato del lavoro sul capitale”.

Insomma sia nel modello liberista che in quello socialista l'uomo viene ridotto ad una serie di relazioni economiche e la persona scompare come soggetto autonomo di decisioni morali.

Per farla riemergere dalle nebbie che ci circondano dobbiamo attingere perciò alla luce della Dottrina sociale cattolica.

 

Riccardo Pedrizzi