Meloni, un fisco per la famiglia. Il quoziente familiare

Nel programma emanato in sede di fiducia alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha annunciato i tre pilastri sui quali intende impostare e modificare il nostro sistema fiscale: una riforma dell'Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della Flat tax per le partite Iva dagli attuali 65mila euro a 100mila euro di fatturato. Per gli altri contribuenti una tassa piatta sull'incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente, anche come incentivo alla crescita. Accompagnato da una tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco. Infine una lotta all'evasione efficace e decisa.

La novità più evidente di tutto il progetto è senza dubbio la proposta di introdurre nel nostro Paese finalmente il cosiddetto “quoziente familiare” del quale si parla da decenni e sul quale hanno insistito da sempre tutte le associazioni familiari.

Da sempre è penalizzata la famiglia italiana da fattori strutturali, come la bassa percentuale di donne inserite nel mondo del lavoro. E' paradossale, ma è così: poche donne lavorano e poche donne fanno figli. E questo sopratutto nel Mezzogiorno d'Italia, dove i figli una volta rappresentavano l'assicurazione per la vecchiaia.

Ecco perché da più parti si è sempre spinto per l’introduzione di una metodologia di imposizione fiscale basata proprio sul quoziente familiare. Un’idea alla quale hanno lavorato da decenni intere generazioni di esponenti del mondo cattolico, ad iniziare dalla mitica presidente del Forum delle Associazioni Familiari, On.le Luisa Capitanio Santolini, spesso invitata da chi scrive in audizione presso la Commissione Finanza e Tesoro del Senato ogni qualvolta si intravedesse la possibilità di mettere mano ad una riforma fiscale. Del resto già molte amministrazioni comunali hanno introdotto un sistema per rimodulare le tariffe di accesso ai servizi comunali a seconda del numero dei figli a carico, della presenza di anziani, di disabili o di minori in affido, di uno o entrambi i genitori anziani e della situazione occupazionale.

Già qualche anno fa, chi scrive, da presidente della Commissione Finanze del Senato, si era battuto in tutte le Finanziarie per ridurre il prelievo fiscale sui redditi e per introdurre il quoziente familiare, riequilibrando anche il tradizionale svantaggio delle famiglie monoreddito.

Ieri come oggi la priorità resta, dunque, un intervento legislativo che incrementi la deducibilità degli oneri sostenuti per i figli a carico e incentivi in maniera consistente e strutturale almeno la nascita del secondo figlio con specifiche misure di sostegno.

Con l’attuale sistema di tassazione, infatti, la famiglia come soggetto, anche economico, non esiste. E così un single che guadagna 40.000 euro l’anno viene tassato allo stesso modo di un capo-famiglia che ha a carico una moglie e 2 o più figli. E’ un esempio spicciolo ma illuminante, su cui tutte le forze politiche, nessuna esclusa, e questo governo in prima linea, dovrebbero riflettere.

Guardare al futuro, certo, ma non a parole e anche e soprattutto guardare alle famiglie aiutandole a mettere al mondo bambini e bambine.

Di quoziente familiare si parla da anni e sebbene la proposta nasca da una visione economica e sociale marcatamente cattolica, non lascia indifferenti neanche altri settori della vita politica italiana, rappresentando attualmente una indubbia necessità per cittadini alle prese con gli effetti persistenti di una crisi devastante, la cui fine non accenna a vedersi all'orizzonte.

Una crisi che nell'ultimo anno s’è scaricata soprattutto sulle famiglie italiane, come dimostrano gli ultimi indicatori economici come quello di povertà che si è alzato notevolmente coinvolgendo milioni di famiglie, sopratutto quelle numerose.

 

Riccardo Pedrizzi