PD, il suicidio della rivoluzione

Il partito più votato dagli operai è Fratelli d'Italia con il 34,6%, poi il M5S con il 16,4% e ancora la Lega con il 13,4%, solo al quarto posto arriva il PD con l'11,4% e persino trai pensionati il PD viene dopo FdI. Di contro il partito più votato trai laureati si conferma il PD con il 24,8%. Piace agli elettori benestanti delle città del Nord, ma non attira i delusi, che si ritirano nell'astensione oppure votano a Destra.

I candidati alla Segreteria del Partito Democratico sarebbero dovuti partire per iniziare il dibattito interno in vista di un congresso di rifondazione, dalla constatazione che il PD si è ridotto ad una sinistra senza il popolo, che da tempo ha perduto il popolo ed è per questo che ha subito la sconfitta più disastrosa della sua storia, perdendo città come Modena, Pisa, Pistoia, Livorno, Siena, sesto San Giovanni, tutte roccaforti rosse.

Ed invece fin dalle prime dichiarazioni ci si è fermati agli slogan generici, persino la lettera che Enrico Letta ha inviato a tutti gli iscritti del partito è di una ovvietà e di una generecità disarmante anche nel bilancio che fa della sconfitta: “Ne usciamo con un risultato insufficiente, ma ne usciamo vivi (figuriamoci se fossero usciti morti!). E sulle nostre spalle c'è oggi la responsabilità di organizzare un'opposizione seria (e poteva essere poco seria?!) alla destra (ed a chi se no?). Non da meno sono i candidati alla Segreteria. Uno per tutti oltre “la” o “lo” Schelin, la De Micheli, Ricci tanto per fare qualche nome, Stefano Bonaccini, che si è subito candidato alla Segreteria riconosce che: “siamo arrivati alle elezioni senza un progetto forte”; “faremo un'opposizione seria e rigorosa”; “le regole si scrivono insieme”. Ed alla domanda “Che rapporto con il M5S? Non risponde nemmeno; e con Calenda e Renzi? “non do nulla per scontato”. Quel che è certo è che vuole introdurre la pillola abortiva Ru486 nei consultori, confermando quella vocazione di “partito radicale di massa” che persino Filippo Andreatta, figlio dell'inventore dell'Ulivo e fratello politico del segretario dimissionario non sopporta e contesta. Bonaccini parla della necessità di un “partito di sinistra, radicato sul territorio e presente tra le persone” e attribuisce la sconfitta al fatto che “non avevamo un profilo forte e un'identità precisa”. Ma quale sinistra vorrebbe? Ed a quale identità si riferisce? “Dopo il voto io penso che sia indispensabile discutere con tutti quelli che si troveranno in un'alleanza progressista”. Quindi principalmente con il M5S, ma anche con il Terzo polo.

In effetti ci sono due partiti all'interno del PD: c'è chi guarda a Calenda e chi al M5S, ma manca come sottolineava qualche tempo fa il Direttore di “Micro Mega”, Paolo Flores d'Arcois, il partito dell'eguaglianza: “In Italia manca la sinistra, manca il partito dell'eguaglianza”. L'abbiamo visto con l'emergenza sanitaria: la crisi in cui ci troviamo dipende dall'assenza della sinistra. Per quarant'anni, invece di rafforzare e ampliare il welfare, i governi lo hanno smantellato con tagli disseminati alla sanità e all'istruzione. Questo è avvenuto perché il brodo di coltura della nostra politica è stato il liberismo. La pandemia era stata annunciata, dall'Oms e perfino da Bill Gates: per fronteggiarla bisognava fare l'opposto di quello che è stato fatto. A questo serviva e serve la sinistra”.

Ed allora bisognerebbe, innanzitutto, chiedersi perché si è ridotta cosi la sinistra? Spocchiosa, con il complesso di superiorità, piena di superbia ideologica, culturale, con la puzza al naso. Insomma, una sinistra, che sta sulle scatole al popolo italiano come riconosce Gianni Cuperlo che si presente con supponenza pseudo aristocratica , che disconosce i valori fondamentali che il vetero comunismo rispettava, anche se non condivideva: Dio, Patria, famiglia. Ma una sinistra che difende tutte le trasgressioni possibili, che rivendica l'utero in affitto, la droga libera, l'eutanasia, lo ius scholae, che condivide i valori della globalizzazione, che ha confuso la economia di mercato con la società del mercato. Sopratutto che si è suicidata come movimento rivoluzionario.

Quando nacque l'espressione di “radical chic” questi erano in pochi, ci si limitava a frequentare i salotti, le redazioni dei giornali, i circoli culturali, poi si sono estesi ed hanno inquinato ed avvelenato l'intero apparato, tutto il corpo sociale che gli girava intorno. Ed allora sono andati sulle scatole al popolo, quello vero, quello che si sveglia alle 6 del mattino per andare a lavorare, quello che alza le serrande della bottega e non sa se a sera porterà la pagnotta a casa. Il popolo ha visto questi pidiessini sugli yacht e su grandi imbarcazioni di lusso, a cena con i vari Cucinelli i Della Valle i Gianfranco Alibrandi di TC1 o i Merloni (Francesco ha donato 100.000 euro a Letta).

I finanziamenti del PUCS il popolo di sinistra li tollerava, perché provenivano da mamma Russia, gli oboli degli industriali no, perché vengono elargiti come contropartita per fare affari.

In conclusione, se è vero che è sempre antipatico suggerire dall'esterno eventuali ricette per la ricostruzione di un intero mondo, mi permetto di suggerire a tutti i futuri candidati alla guida del PD o di quell'altro partito di sinistra che subentrerà, di leggere il sempre attuale volume del grande filosofo cattolico Augusto Del Noce, “Il Suicidio della Rivoluzione” che quaranta e più anni fa scriveva: “L'esito del gramscismo e dell'eurocomunismo non può essere che quello di trasformare il comunismo in una componente della società borghese ormai completamente sconsacrata, o di agire per la sua definitiva dissacrazione corrispondente a quella che è l'intenzione profonda dello spirito borghese. Non stupisce perciò se il comunismo italiano appare oggi come la forza più adeguata a mantenere l'ordine in un mondo in cui qualsiasi religione è scomparsa; non soltanto la religione cattolica, ma ogni sua forma anche immanentistica e secolare; anche la fede nel comunismo. L'insoddisfazione sincera dei rivoluzionari autentici trova giustificazione. Certo, il comunismo gramsciano può riuscire, ma realizzando l'esatto opposto di quel che si proponeva”.

 

Riccardo Pedrizzi