Salvaguardare le Casse Rurali ed Artigiane nate dopo la "Rerum Novarum"

Non sempre la politica ed i giornali italiani e le autorità europee hanno trattato bene le cosiddette “banche di prossimità”. Basta pensare alla riforma, che volle fortemente Matteo Renzi, obbligando le banche popolari con attività superiori a 8 miliardi a trasformarsi in Società per azioni e la cosiddetta “autoriforma” delle BCC (un vero e proprio suicidio assistito anche da Bankitalia) con la creazione di holding capogruppo che hanno notevolmente limitato l'autonomia dei singoli istituti. E per quanto riguarda l'Europa occorre ricordare la vicenda della “Tercas” per la quale con una decisione infondata poi bocciata dalla Corte di giustizia (16/13/2021), la Commissione europea aveva ritenuto che il suo salvataggio fosse un aiuto di Stato.

Anche la nostra autorità di vigilanza non sempre aveva avuto un occhio di riguardo nei confronti di questo segmento del nostro sistema bancario, che svolge un ruolo di sostegno insostituibile per famiglie ed imprese.

Ma recentemente sembra che stia cambiando il vento anche per il nostro sistema bancario (non solo in politica dunque) e lo rileviamo con grande soddisfazione.

Infatti, recentemente, il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in un suo intervento fatto nel corso del Convegno organizzato dalla Consulenza legale della Banca d'Italia : “Le crisi bancarie: risoluzione. Liquidazione e prospettive di riforma alla luce dell'esperienza spagnola e italiana”, si è espresso molto chiaramente e con fermezza a favore della “biodiversità” del nostro sistema bancario e, quindi, a favore delle nostre banche di prossimità.

L’Unione europea si è dotato dal 2014, con l’adozione della direttiva sulla gestione delle crisi bancarie (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD), di una disciplina uniforme sul risanamento e la risoluzione delle banche, per cui nell'attuale congiuntura economica si renderebbe particolarmente urgente il completamento e il rafforzamento del complessivo disegno dell’Unione bancaria, che attualmente sono impossibili raggiungere, perché manca un accordo tra gli Stati membri sulla costituzione di un sistema unico di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme).

Il quadro normativo oggi vigente, frutto della compresenza della disciplina sovranazionale della risoluzione e delle procedure nazionali di insolvenza, trova evidenti difficoltà nell’offerta di soluzioni soddisfacenti, in particolare riguardo alle banche medio-piccole che in caso di crisi, dovrebbero essere in grado di ridurre al massimo gli impatti negativi sull’economia.

In particolare, “l’opera di revisione dell’attuale sistema – continua il Governatore - dovrebbe tenere in considerazione le specificità degli intermediari, evitando soluzioni che possano poi paradossalmente determinare effetti negativi”, alterando lo stesso modello di business degli intermediari minori, fondato sul finanziamento della clientela cosiddetta retail e dei depositanti, imponendone di fatto una radicale trasformazione... Altrimenti verrebbe in tal modo compromessa la “biodiversità” nel mercato, caratteristica vantaggiosa del sistema bancario europeo, perché evita una eccessiva concentrazione e contribuisce ad assicurare un sostegno finanziario all’economia reale più diffuso e orientato alle diverse tipologie di clientela, garantendo l’inclusione finanziaria attraverso la presenza di banche locali. Le banche maggiormente legate al territorio sono, del resto, il necessario completamento finanziario del tessuto imprenditoriale basato su aziende piccole e medie, che costituisce un punto di forza per molte aree dell’Europa. Ovviamente i profondi cambiamenti tecnologici in corso richiedono anche per questi intermediari adeguamenti pronti e importanti, ed è fondamentale che siano garantiti un efficace presidio dei rischi e trasparenti e solide condizioni di governo societario, in assenza dei quali non può escludersi il manifestarsi di forti criticità aziendali.

In caso di estensione dell’attuale ambito applicativo della risoluzione anche alle banche di minori dimensioni del bail-in, potrebbe comportare elevate probabilità di perdite per i depositanti. L’osservanza dei principi di uguaglianza sostanziale e di proporzionalità impone dunque di adottare soluzioni adeguate e coerenti con le caratteristiche di tali intermediari, evitando l’estensione acritica dei modelli già in uso per gli enti maggiori, tenendo contro da un canto, della vitalità e della solidità dei 3768 sportelli che possono essere considerati un vero e proprio sistema creditizio a se stante; dall’altro, dell'essenziale funzione di sostegno allo sviluppo economico, soprattutto della piccola e media impresa, svolta a livello locale, senza tralasciare di tutelare il risparmio che si produce sul territorio.

Del resto, guardando i dati del settore delle Banche di credito cooperativo, per le quali viene presentato annualmente un bilancio sociale e di missione a livello consolidato, si è sempre evidenziato il contributo offerto da tali istituzioni alla crescita civile e sociale delle comunità locali, anche attraverso una particolare attenzione al terzo settore, quello che è stato definito il “valore aggiunto” che le Banche di credito cooperativo, le antiche e gloriose Cra (Casse rurali e artigiane, che sorsero dopo la promulgazione della Enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII), sono in grado di produrre nella loro azione di “banche locali”.

È quanto mai opportuno perciò sottolineare questa missione naturale e questa potenzialità, in una fase che vede profilarsi all’orizzonte fenomeni di razionamento del credito alla media e piccola impresa, con conseguenze negative sulla struttura produttiva e sull’occupazione, e quindi sulla situazione economico-sociale del Paese.

 

Riccardo Pedrizzi