Da potenza di fuoco a fuochi pirotecnici - Le banche al tempo del Coronavirus

Lo avevamo scritto subito e da tempo su queste pagine che per vari motivi – ne avevamo elencato almeno tre dal punto di vista esclusivamente tecnico e non politico e di parte – molte banche stavano remando contro la concessione dei finanziamenti previsti in particolare dal DL “Liquidità”. Sia di quelli sotto i 25 mila euro garantiti al 100% sia quelli superiori garantiti al 90%. E ci eravamo lamentati anche dei tassi che venivano praticati e che risultavano esorbitanti considerata la garanzia dello Stato.

Ci viene data conferma di quanto scrivevamo dai recenti interventi della Banca d'Italia e della Autority dell'Antitrust. La prima ha inviato infatti una comunicazione a tutti gli istituti che mostrano performance inferiori alla media per chiedere informazioni “sulle cause dei ritardi” e per sollecitare una più rapida esecuzione. E l'Antitrust, dal suo canto, ha avviato quattro istruttorie e 12 moral suasion nei confronti di sedici tra banche e società finanziarie per “condotte relative alla sospensione dei prestiti ed all'erogazione di nuovi finanziamenti”, fornendo addirittura i nominativi di questi istituti.

Successivamente lo stesso capo della vigilanza della nostra banca centrale, Paolo Angelini ha offerto alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario gli ultimi dati disponibili e ha reso noto che a fine maggio le domande di prestiti garantiti dal Fondo centrale di garanzia, sono state 797mila, per un controvalore di 50 miliardi. Di queste, la gran parte (724.000) è rappresentata da domande di prestiti di importo inferiore a 25.000 euro interamente garantiti dallo Stato, facendo oltretutto delle previsioni non affatto rassicuranti, riconoscendo che nei mesi a venire le stesse banche potrebbero incontrare difficoltà: una caduta del Pil del 9% “non potrà non incidere sulle imprese e, a catena, sulle banche, che sono esse stesse imprese”.

In pratica la potenza di fuoco che avrebbe dovuto contrastare con forti immissioni di liquidità nel sistema produttivo italiano si è rivelato né più né meno un pirotecnico fuoco artificiale buono forse solo per le feste del patrono del paese.

Infatti se si pensa che il governo ha varato ben tre decreti: il “Cura Italia” per 25 miliardi di euro, quello “Liquidità” per 400 miliardi ed infine il “Rilancio” per 55, di tutti questi soldi molti lavoratori dipendenti non hanno visto un euro ed aspettano ancora la Cassa integrazione (i beneficiari potenziali erano per marzo ed aprile 8,4 milioni quelli che hanno visto qualcosa sono stati 7,5 milioni ma di questi 4,3 milioni hanno ricevuto l'anticipo dai rispettivi datori di lavoro e non dall'INPS che continua a parlare di soli 410 mila lavoratori privi di copertura).

Cosi come le PMI, che rappresentano con il loro 90% la gran parte del sistema produttivo italiano, di quei 400 miliardi vedranno al massimo 40 miliardi se si continua ad andare avanti con i ritmi rilevati anche da Bankitalia e dall'Antitrust e, sopratutto, se non verranno incrementate le risorse dell'apposito Fondo per le PMI.

Con il ritmo attuale di 850 milioni al giorno e le 576238 richieste già arrivate per un importo di quasi 30 miliardi, il Consiglio di Gestione del Fondo ha lanciato l'allarme. Se non si provvederà con celerità entro fine giugno si fermerà tutta la macchina per l'erogazione dei prestiti a partire dalle banche che, in questo caso, a ragione, si vedranno costrette a bloccare le domande in sospeso e non accettarne di nuove.

Accanto a tutte queste difficoltà resta poi l'esigenza, soddisfatta da tutti i nostri competitori europei, di un contributo a fondo perduto da erogare a tutte le imprese indistintamente per il fatturato perso a seguito della chiusura totale di ogni tipo di attività.

Riccardo Pedrizzi

RASSEGNA STAMPA

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