Giochi, sfatiamo la leggenda nera

Caro Direttore, ho letto con interesse l'articolo apparso sul Suo quotidiano “Uniti contro il gioco d'azzardo” che ha dato notizia del progetto “NO S.L.O.T. LT/5- Sensibilizzazione contro le Ludopatie dell'Osservatorio Territoriale del Distretto Socio-Sanitario LT/5” realizzato per iniziativa del Consorzio Parsifal, con soggetto attuatore la cooperativa sociale Osiride, per contrastare la dipendenza dal gioco d'azzardo patologico, realizzando una campagna di comunicazione a livello distrettuale.

Essendo ritenuto da qualche benevolo amico come modesto conoscitore del settore dei giochi e delle sue problematiche nel suo complesso, mi permetto di suggerire agli autori della ricerca alcuni recenti documenti che mi sembrano molto importanti e che potrebbero essere utili anche per il futuro lavoro di queste benemerite associazioni.

I due contributi ci vengono offerti dalla Corte dei Conti (Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato) e dall'Istituto Doxa (Progetto contrasto ai rischi derivanti dai disturbi da Gioco d’Azzardo).

La recente indagine prodotta dalla Doxa va subito al cuore della questione, intorno alla quale è nata una vera e propria leggenda nera: “nonostante il settore del gioco abbia diverse componenti positive, queste non riescono a correggere l'attuale visione che spesso permea l'opinione pubblica”...”.

Dal canto suo la Corte dei Conti ha prodotto la Deliberazione nr. 23/2021 sul “Fondo per il gioco d'azzardo patologico” della Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato, nella quale tra l’altro constatava che “in relazione al graduale aumento, registrato nel corso degli ultimi anni, del numero dei soggetti che si sono dedicati alle plurime attività del gioco d’azzardo e la contestuale fenomeno emergente del gioco clandestino, quindi illegale, il Legislatore nazionale ha ravvisato un potenziale e specifico rischio sociale”.

L'obiettivo primario della ricerca Doxa è stato quello di “far “emergere, attraverso la narrazione motivazionale, quale è lo status quo attuale rispetto al gioco patologico, quali sono misure attivate ai fini del contrasto di tale situazione e come esse vengono vissute in termini di efficacia/inefficacia” e le conseguenze ritenute rilevanti”.

E purtroppo le risposte arrivano univocamente non solo da tutte le componenti della filiera del gioco ma anche da tutti gli stackolders, che manifestano la forte perplessità sull'effettiva efficacia di tali normative, mettendone invece in evidenza una serie di limiti che riverberano su diversi aspetti legali al gioco: l'effettiva capacità di preservare i giocatori a rischio o affetti da GAP...; la preoccupazione per la progressiva perdita di presidio da parte del gioco fisico legale, a vantaggio di componenti più rischiose, in primis l'illegalità”.

Del resto è quello che si proponeva anche la Corte dei Conti che aveva allargato il suo sguardo complessivo su tutti i riferimenti normativi in tema proprio di contrasto al gioco d'azzardo patologico; sulle statistiche sul consumo di gioco d'azzardo condotte dall'Istituto di fisiologia clinica del Centro nazionale delle ricerche e quelle dell'Istituto Superiore di Sanità.

Ma, in particolare, aveva concentrato la propria indagine sui profili del giocatore problematico ed i relativi rischi a cui è esposto: l’età anagrafica, la condizione lavorativa, il grado di cultura, il grado di dipendenza, “nell’epidemiologia classica il fattore di rischio (RF) è una specifica condizione che risulta statisticamente associata ad una malattia e che pertanto si ritiene possa concorrere alla sua patogenesi, favorirne lo sviluppo o accelerarne il decorso. Anche gli stili di vita non salutari si confermano come fattori associati positivamente con il comportamento di gioco problematico. In particolare, il comportamento di binge drinking (bere fino al perdere il controllo) ha un’associazione positiva molto forte se praticato 3 volte o più nell’ultimo mese, in quanto espone circa 18 volte di più alla possibilità di sviluppare un comportamento di gioco problematico.

Questo conferma quanto da sempre sottolineato anche da chi scrive, che, cioè, spesso la ludopatia è associata ad altri tipi di dipendenze e rappresenta solo uno degli aspetti di un problema complessivo della persona... Seguono una miriade di dati circa le indagini effettuate sulle varie tipologie di giocatori (età, professione, livelli culturali, genere, opinioni, spesa pro capite, capacità ed abilità, aspettative, accessibilità al luogo di gioco, giudizi sulla legalità del gioco, ecc. ecc.), che mettono altresì in evidenza la difficoltà a dare cifre precise circa il numero dei giocatori che vengono suddivisi in queste percentuali il 72,8% della popolazione di giocatori pratica gioco d’azzardo senza nessun problema di gioco, l’11,3% è un giocatore a basso rischio, il 7,6% a rischio moderato e l’8,3% dei giocatori evidenzia un profilo di giocatore problematico anche se «Il problema delle difficoltà di rilevazione dei dati è conosciuto da un decennio e allo stato attuale non si ha un quadro reale di quanti malati siano in cura presso le strutture ambulatoriali, quanti presso le strutture residenziali, quanti presso le strutture semiresidenziali.

Anche la ricerca Doxa ci conferma che “l’attitudine al gioco patologico, nei suoi fattori di rischio e predisposizione, viene descritta come un insieme ben più articolato di elementi: genetici e afferenti all’individuo stesso, come dimostrano ormai la medicina e la psicologia attraverso la rilevazione della frequente comorbilità con altri tipi di dipendenze; culturali, con una stretta correlazione tra cultura medio bassa e minore capacità di tenere sotto controllo il gioco; contestuali e sociali, ad esempio legati alla precarietà delle condizioni economiche e lavorative e alla concomitante attitudine a considerare il gioco come una possibile soluzione”, lamentando che troppo spesso, tutta la platea dei giocatori viene emotivamente “appiattita” sulla definizione di giocatore patologico, problematico o potenzialmente problematico. Si perde cioè di vista il fatto che il gioco patologico rappresenti, nell’ambito della popolazione dei giocatori, una minoranza sul totale e che, cosa forse ancora più importante, la maggior parte di chi gioca oggi “sia destinata” a rimanere nell’ambito di un gioco sociale anche in futuro. Al contrario, il dibattito e le misure che nel tempo si sono adottate, sembrano più rivolte ad una sedicente salvaguardia dei giocatori tutti (che nella maggioranza dei casi non ne hanno bisogno) che non ad un’efficace azione focalizzata su chi non è in grado di gestire il gioco. Da ciò deriva che il focus attenzionale si sia spostato dall’effettivo oggetto di interesse – ossia il giocatore affetto da GAP – al fenomeno generico del gioco, che è di per sé oggetto neutro e spesso gestibile in modo aproblematico. La spinta normativa, conseguentemente, non si è concentrata sulla capacità di protezione, recupero e riabilitazione di questo genere di giocatore (che, lo si ricorda, rappresenta attualmente una minoranza della totalità dei giocatori), bensì su una sistematica lotta la gioco, con conseguenze inefficaci o addirittura negative, spesso proprio per quei giocatori che si intendeva proteggere”.

Come vede, egregio Direttore, si tratta di una problematica assai complessa sopratutto per quanto riguarda proprio il fenomeno della dipendenza dal gioco e la quantificazione della sua incidenza quale rischio sociale ed inoltre può constatare che, in effetti negli ultimi venti anni poco ha fatto la politica per questo settore.

Oggi, però, abbiamo una base di partenza rappresentata dall'Intesa del 07/09/2019 della Conferenza Stato Regioni Autonomie Locali e dalla istituzione della “Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico”, che può rappresentare un'opportunità ed una luce in fondo al tunnel.

Il Consiglio, perciò, che mi permetto di suggerire agli operatori del settore, è quello di utilizzare sempre più e per quanto possibile metodologie di carattere scientifico e non affidarsi “a percezioni”, “sentito dire” e sopratutto, di evitare di scrivere ed agire su pregiudizi di tipo ideologici e non sulla scorta di dati di realtà forniti da fonti certe, accademiche, organi di polizia, Guardia di Finanza, Procura Nazionale Antimafia ecc. ecc, e da quelle che ho innanzi citate.

Fin da ora, naturalmente mi dichiaro disponibile per qualsiasi tipo di collaborazione con quelle associazioni che hanno a cuore la salute dei nostri concittadini e l'ordine pubblico nei nostri territori.

Grazie per l’ospitalità e tanti cordiali saluti.

 

Riccardo Pedrizzi

(Presidente Commissione Finanze e Tesoro del Senato 2001-2006)