Giornata dell’autismo, fatti non parole

In questi ultimi tempi, anche a seguito della Pandemia che ha ulteriormente aggravato la situazione delle fasce più deboli della nostra popolazione ed, in particolare, delle famiglie che al loro interno hanno un disabile, un portatore di handicap, un anziano non autosufficiente, ecc. ecc. , sono stati portati all'attenzione del grande pubblico casi di mala burocrazia, di insensibilità di alcuni uffici pubblici, di latitanza, di assenza e di inefficienza di servizi sociali e di amministrazioni locali.
L'ultimo caso è quello segnalato su vari quotidiani di una madre di un bimbo autistico di 9 anni, a cui è stata negata la precedenza mentre faceva la fila (durata un paio d'ore) per richiedere la carta d'identità elettronica, a Roma.

Pochi giorni fa, infatti, alle nove di mattina in coda davanti al chiosco di piazza di Santa Maria Maggiore, riconvertito in postazione per il rilascio veloce delle carte d'identità elettroniche, la madre del bambino autistico di 9 anni, aspetta il suo turno. Il figlio inizia a fremere e ad agitarsi come spesso capita per quel tipo di patologia. La mamma ha imparato a decifrare i comportamenti ed ai primi cenni di nervosismo, chiede la cortesia di poter saltare la fila per accelerare i tempi, ma il responsabile del servizio risponde che tutti hanno dei problemi e non poteva farla passare avanti a nessuno.

Ma poi, sempre in questo periodo, sono apparse lettere aperte su vari quotidiani con le quali si sono prospettati “progetti di vita personalizzati”, ci si è lamentati della tanta retorica ma della scarsa attenzione da parte della politica e delle istituzioni per questo tipo di disabilità; si è protestato perché le famiglie non vengono ascoltate ma abbandonate a se stesse. Abbiamo letto, però, anche di chi mette a disposizione degli altri sfortunati la propria esperienza di familiare di un bambino autistico. E c'è stato anche un ministro della Repubblica per la disabilità, Elena Stefani, che risponde a lettere di genitori che raccontano le loro difficoltà e si impegna ad affrontare l’annoso problema.
Proprio per questo recentemente le ho sottoposto un caso che fa disonore al nostro Paese e che dovrebbe far vergognare molti politici e tanti amministratori. Riassumo il
caso brevemente. La storia si svolge in una regione del Nord, non nel Sud, dove – si dice – impera la malasanità, ma in Lombardia, nella ricca e sviluppata locomotiva economica italiana, dove vive un nucleo familiare costituito dai genitori e da due figli: uno di 21 anni è stato colpito all'età di 11 da leucemia linfatica acuta che gli ha procurato a causa del bombardamento di chemioterapia, lesioni bilaterali alle tibie, al perone ecc. ecc. tanto da vedersi riconosciuto il 100 per 100 di invalidità. Il secondo figlio di 12 anni è affetto da disturbi dello spettro autistico con livello 3 di gravità associato a disabilità intellettiva grave, oltre altri vari deficit.

Il più grande sta aspettando di trovare un’occupazione Il fratello più piccolo, già ospite di una struttura assistenziale presentava con frequenza al suo rientro in famiglia, il fine settimana, numerose ecchimosi e lividi sul corpo fino a procurarsi, o ad essergli stato procurato, una frattura di un braccio (tutto documentato da foto e da certificati medici) e da mesi è rientrato in famiglia, con tutti i problemi che ne conseguono.

Questa situazione di grave difficoltà dura ormai da mesi, per cui la famiglia reiteratamente ha chiesto ai servizi sociali del luogo di poter collocare il bambino in un nuovo istituto, ma dopo mesi di girovagare, di richieste e di domande per trovare una sistemazione adeguata, che lo ospiti, ancora oggi non si riesce a collocarlo in un centro che possa seguirlo anche sotto l'aspetto scolastico. (Sono mesi, peraltro, che il bambino non sta assolvendo all'obbligo scolastico e pare nessuno se ne curi).

Il 2 aprile si celebra dunque la Giornata Mondiale della consapevolezza sull'autismo. E' una delle tante “giornate” che ci siamo inventati per dare un alibi a noi stessi, per tentare di giustificare la nostra indifferenza: non amiamo abbastanza tutto l'anno la mamma (e creiamo la festa della mamma); non rispettiamo abbastanza il papà (e c’è la festa del papà); trascuriamo il nostro partner (e facciamo la festa degli innamorati); non conosciamo la tragedia dei profughi giuliano-dalmati (e con una legge istituiamo la giornata del ricordo); non trattiamo bene le nostre donne (e poi inseriamo nel calendario la giornata della donna). E cosi via, con le feste più disparate ed anche, alle volte, inutili per il loro accavallarsi e per la loro frequenza.

In ogni caso, volendo pensare positivamente, potrebbe, questa giornata dell’autismo, essere almeno l'occasione per portare l'attenzione su un segmento del nostro mondo della disabilità, da sempre poco conosciuto e da sempre trascurato: quello dell'autismo. Quest’anno la giornata assumerà un particolare rilievo, sopratutto perché durante il lungo periodo pandemico le persone affette da questa patologia e le loro famiglie si sono ritrovati soli ad affrontare nuovi e più pesanti ostacoli legati alle misure di contenimento, di isolamento domiciliare e di ospedalizzazione in caso di contagio.

In Italia sono almeno 600.000 le persone autistiche (1% su 60 milioni di abitanti), il più delle volte presenti in famiglie quasi sempre in difficoltà, scrive il papà di un adulto autistico al “Corriere della Sera”: “Questa imponente fascia di popolazione è in larga misura abbandonata a se stessa. Sono quasi sempre i familiari a reggere il peso della quotidianità fino a diventare essi stessi portatori sani di disabilità. Sono i familiari ad occuparsi di tanti e complicati problemi, sopratutto di quelli che non spetterebbe loro risolvere. E sulle loro esili spalle che grava il carico esorbitante di realtà spesso gravose e gravissime”.

In molte regioni, per questa occasione del 2 aprile, saranno presentati progetti per sensibilizzare sul problema l'opinione pubblica e le stesse famiglie che devono affrontare tutti i giorni questi gravosissimi problemi. La regione Lazio, ad esempio, presenterà il progetto “Re.Di.Ne” realizzato in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità, per la prevenzione e l'individuazione precoce dei Disturbi del neuro sviluppo in minori con elevato rischio.

Si spera che anche in altre regioni si possa riservare analoga attenzione nei confronti di questa grave e difficile patologia. Anche la’ ove si verifica il caso disperato che ho riportato all'inizio.

 

Riccardo Pedrizzi