Il significato della bandiera arcobaleno

Anche in questo lungo periodo di chiusura totale nelle nostre case abbiamo visto sventolare dalle nostre finestre e dai nostri balconi bandiere con il disegno dell'arcobaleno. Bambini, anziani, intere famiglie si sono riconosciuti in questa immagine multicolore senza nemmeno sapere e conoscere il significato di questo simbolo. Come spesso accade in questi ultimi tempi, si cerca di far passare messaggi, in maniera surrettizia e subdola, chiaramente ideologizzati e di parte sicuramente contrari alla nostra tradizione cristiana.

La bandiera dell’arcobaleno, infatti, che sventola da mesi su molti palazzi della città italiane rappresenta molto più di una semplice bandiera della pace: essa, almeno in Italia, è la bandiera della nuova sinistra, il vessillo che ha soppiantato la bandiera rossa di un tempo, perché ormai impresentabile.

L’origine di quella bandiera, ove i colori dell’arcobaleno sono raffigurati alla rovescia, rispetto al segno biblico di pace tra Dio e l’uomo, risale alla Società Teosofica, setta gnostica e orientaleggiante fondata nel 1875 da Helena Petrovna Blavatski, una medium russa che si diceva portavoce delle “potenze superiori occulte”, si considerava alfiere del socialismo internazionale e pretendeva di instaurare una super-religione della pace universale.

Molto più tardi l’arcobaleno rovesciato divenne il simbolo della galassia settaria detta New Age, che annuncia la fine dell’era cristiana dei Pesci e l’avvento dell’“era dell’Acquario”, nella quale la pace sarà prodotta dall’universale fratellanza anarchica ed “ecumenica”. Nel 1978, il solito arcobaleno fu disegnato dall’artista Gilbert Baker come simbolo del movimento omosessualista statunitense; da allora questa bandiera garrisce nello “storico” enclave gay in un quartiere di San Francisco, perché “La bandiera esprime la liberazione del movimento omosessuale”.

Nulla di male, evidentemente, ma almeno si sappia cosa si espone dalle finestre e dai balconi delle nostre case e se ne conosca il significato.

Riccardo Pedrizzi