Il Sud va, ma arranca ancora

Il 2017 non si è chiuso del tutto negativamente per il Mezzogiorno d'Italia e per il secondo anno consecutivo i dati arrivati da "Checkup Mezzogiorno" (Centro Studi di Confindustria) e dal Centro Studi Ricerche del Mezzogiorno di Intesa San Paolo ci dicono che il SUD è in ripresa, nonostante la mancanza di efficaci politiche di interventi strutturali del governo e, sopratutto, nonostante l'indifferenza nei confronti del problema di tutte le forze politiche, nessuna esclusa.

Il Pil infatti è aumentato del 1,3 nel 2017 ed era già nel 2016 cresciuto dello 0,9%, dopo il +1% del 2015 e dovrebbe continuare a aumentare anche nel 2018 dell'1,1%. Il valore aggiunto è salito nel 2017 di 2,5 miliardi, mentre calano indebitamento ed oneri finanziari.

Si rafforza, inoltre, la natalità delle imprese. Alcuni numeri: sono nate 17 mila società di capitali nel terzo trimestre 2017, ad un ritmo quasi doppio del Centro-Nord; è aumentata la quota di imprese con 10-49 addetti (+0,2%), 6 mila imprese in rete (mille in più nella seconda parte dell'anno), 3 mila aziende femminili in più rispetto al secondo trimestre dell'anno che si è chiuso. Anche l'andamento dell'export ha fatto registrare un +8,6% rispetto al terzo trimestre 2016 (+7,2% il dato del Centro-Nord). Le esportazioni in Lucania ad esempio l'anno scorso sono salite più di qualsiasi altra regione per la Jeep che Sergio Marchionne fa costruire a Melfi, cosi come in Campania per quelle della Fiat Chrysler e di Leonardo. Ed il turismo è cresciuto nel 2016; arrivi e presenze sono aumentati del 4,3%, un punto e mezzo in più del Centro-Nord. E' un trend positivo non “occasionale”, dunque, che dura da tre anni e che continua a consolidarsi. La ripresa del Sud d'Italia è stata sostenuta sia dalla domanda interna, sia dal rilancio degli investimenti, più vigorosi nell'industria e nel settore delle costruzioni (+9,6% nel 2015 e +8,7 nel 2016). Sono tornati col segno più anche gli indici di produzione manifatturiera: nel 2015-2016 con una crescita complessiva del 7%, oltre due volte superiore a quella registrata nel resto del Paese.

Da tutti questi dati risulta che la crescita è trainata dall'industria e si conferma che l'impresa è centrale per creare sviluppo. Dai dati emerge in generale un dato incoraggiante: dal 2015 le regioni meridionali hanno conosciuto una crescita maggiore della media nazionale e le anticipazioni confermano una crescita moderata che dovrebbe proseguire anche per tutto il 2018.

Anche i dati Svimez hanno rilevato un discreto andamento dell'economia del Sud che, nel 2017 con un più 1% è andata persino meglio di quella del Nord, grazie sopratutto agli investimenti privati, anche se gli investimenti pubblici hanno toccato nel 2016 un nuovo minimo degli ultimi quindici anni, passando da 15 a 13 miliardi, oltre 11 miliardi in meno del 2002. Ma Invitalia ha sostenuto grandi investimenti e promosso la collaborazione tra le imprese con un incentivo ad hoc: i contratti di sviluppo che hanno attivato investimenti per oltre 3,6 miliardi di euro di cui quasi il 40% promossi da investitori stranieri. Questo conferma inoltre che il Sud è attrattivo.

Per riassumere: è aumentato il numero delle imprese attive e quello delle start-up innovative; è cresciuto il fatturato delle aziende, quello di medie dimensioni ed anche quello delle piccole imprese; si è incrementato l'export delle imprese manifatturiere di diversi settori. «E l'aspetto più nuovo e sorprendente - ha dichiarato Giorgio La Malfa, presentando il settimo Rapporto su “le imprese industriali del Mezzogiorno 2008 – 2016” è che le medie imprese del Sud presentano la stessa competitività di quelle del “quarto capitalismo”: sono efficienti, danno buoni risultati.» Perciò «risulta falsa la tesi che nel Mezzogiorno non si può fare impresa.». Anzi è la prova che esiste un altro Sud dove in Campania, Puglia, Basilicata ed in Abruzzo sono nati piccoli e medi imprenditori di grande eccellenza come dimostra anche la classifica l'Economia – Italy post che ne ha censite 37 del Mezzogiorno su 500 del resto d'Italia che rappresentano i campioni del Sud che innovano, crescono, guadagnano, creano occupazione e nuovo sviluppo esattamente quanto i campioni del Nord e che tra il 2010 e il 2016 hanno quintuplicato il loro giro d'affari (le campane L'aromatika, Shedir Pharma, Essemoda, le abruzzesi Susta e Smape, la salernitana Genetic).

A fronte però di questa situazione abbastanza incoraggiante, la domanda di credito continua ad essere del tutto insufficiente e si stima che per tornare ai livelli pre-crisi ci vorranno almeno 10 anni, per cui molte delle nostre imprese, colpite dalla crisi, rischiano ancora oggi di morire.

Cosi come la disoccupazione, (21 per cento) resta alta ed elevatissima quella giovanile: (56,3%), il doppio rispetto al Centro Nord. I giovani che non studiano e non lavorano sono 1 milione e 800mila al Sud, più di metà del dato nazionale. E' questa una bomba ad orologeria per quanto riguarda la tenuta sociale. Inoltre il numero delle famiglie in “povertà assoluta”, quello dei Comuni del Sud falliti negli ultimi cinque anni (oltre 400 su un totale di 556) e la ripresa dei flussi migratori dal Sud verso l'estero restano preoccupanti: torna ad ampliarsi il divario tra chi prende la residenza al Sud e chi lo abbandona, con un saldo negativo di oltre 62 mila unità.

Per questo il Sud continuerà a spopolarsi e a invecchiare. «Negli ultimi 15 anni - si legge nel Rapporto Svimez - la popolazione meridionale, al netto degli stranieri, è diminuita di 393 mila unità, mentre è aumentata di 274 mila nel Nord. Nello stesso periodo sono emigrati dal Sud 1,7 milioni di persone, a fronte di un milione di rientri, con una perdita netta di 716 mila: nel 72,4% dei casi sono giovani entro i 34 anni, 198 mila sono laureati». Il Sud, osserva Svimez, «non è più un’area giovane, né tanto meno il serbatoio di nascite del resto d’Italia».

Questo avviene anche perché al Sud la qualità della vita è la peggiore del resto d'Italia: delle provincie italiane primeggia Aosta, seguita da Milano, Trento, Belluno e Sondrio, mentre all'ultimo posto va Vibo Valentia, preceduta da Reggio Calabria, Caserta, Napoli e Crotone. I calabresi vivono con mille euro al mese contro i quasi duemila dei lombardi. La ricchezza prodotta da Milano e il suo hinterland, con un valore aggiunto per abitante di 45 mila euro, è il triplo di quella di Vibo Valentia che si ferma a 13 mila euro.

Tanto per fare un esempio, nei vari servizi l'amministrazione giudiziaria è peggiore al Sud. Anche per quanto riguarda la giustizia, infatti, sono concentrate nel Sud Italia le aree più litigiose: secondo l’elaborazione del Sole 24 Ore sui dati del ministero della Giustizia, dopo Catanzaro e Reggio Calabria c’è Foggia, seguita da Salerno. E se Roma, è al quinto posto, il primo ufficio giudiziario del Nord è alla 17esima posizione, occupata da Milano, dove le cause per mille abitanti sono meno di 14. In fondo ci sono: Belluno; Sondrio e Lecco. Il maggior numero di ricorsi in Sud Italia dipende proprio dal livello qualitativo della società e delle amministrazioni: tutti i disservizi in genere portano contenzioso.

Per tutti questi motivi il Sud resta una polveriera, che trova le sue ragioni più profonde nell'immobilismo, nella sciatteria, nell'ingordigia di classi dirigenti e nella burocrazia che non riescono a realizzare gli indispensabili progetti di sviluppo e ammodernamento del Paese, anche quando i fondi ci sono. La “rabbia” infatti, degli abitanti meridionali, secondo il Rapporto Swg, al Sud è quasi dieci punti superiore alla media nazionale (dal 39% del dato medio al 48% nelle regioni del Mezzogiorno) e c'è voglia di cambiare tutto. La crisi economica, occupazionale e sociale, il vuoto di prospettive, incanala le persone verso posizioni politiche radicalizzate con proposte di grande mutamento. Cresce (specie tra i giovani) una presa di coscienza politica, che sfocia nell'identificazione del nuovo, come prodotto della sintesi di cambiamento e onestà. La conferma di questo stato d'animo è venuta dai risultati delle ultime elezioni politiche.

Di fatto il divario tra le due Italia continua a crescere. Lo Svimez prevede che nel 2018 il Sud crescerà meno del Centro Nord: 0,9% contro 1,2. Aumentano le distanze anche con l’Europa: «Nel quindicennio 2001-2016 la caduta del Pil cumulato al Sud è stata del 7,2%, a fronte di una crescita del 23,2% nell’Ue a 28».

Di fronte a criticità di questa portata, disse Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. «Non possiamo parlare di giovani senza fare niente, basta con le chiacchiere servono i fatti». Occorre «un grande piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro», azzerando il cuneo fiscale per tre anni per gli assunti a tempo indeterminato. In tal modo «si migliora la competitività delle imprese, si aumenta l’occupazione, si attiva la domanda, perché si dà un progetto di vita ai giovani, con un grande effetto psicologico di fiducia».

Il decreto attuativo per lo sviluppo del Mezzogiorno, apparso in Gazzetta del 5 dicembre 2017,che prevede l’incentivo «Resto al Sud» per i nuovi imprenditori under 36 con finanziamenti fino a 50mila euro, di cui il 35% a fondo perduto e la creazione delle Zes, le Zone economiche speciali, a burocrazia zero e con agevolazioni fiscali aggiuntive rispetto al regime ordinario del credito d'imposta al Sud, rappresenta solo un primo passo perché ci sia all'orizzonte “un nuovo progetto di vita” per i giovani, anche se a pochi mesi dell'apertura dello sportello – dobbiamo riconoscerlo – è già un successo con oltre 2.031 progetti presentati, per 134 milioni di euro e 7.500 nuovi posti di lavoro.

Eppure non sono i soldi che mancano, perché per il periodo 2014-2020 ben 73,67 miliardi di euro tra fondi europei e nazionali sono stati stanziati per interventi infrastrutturali, di manutenzione e di messa in sicurezza dei territori del Mezzogiorno. Ma è la capacità di spenderli che manca, come dimostrano le tabelle riportate di seguito.

Eppure i recenti cambiamenti climatici e i fenomeni naturali anche calamitosi, che purtroppo ciclicamente colpiscono il nostro fragile territorio fanno emergere con forza la necessità di dare efficacia a un piano di manutenzione del territorio con reti idriche, stradali, ferroviarie. Le alluvioni, le frane, il caldo, la siccità ed i terremoti che hanno colpito il nostro Paese si sarebbero potuti affrontare meglio se si fosse iniziato per tempo a fare sul serio e non pensare a mance elettorali.

Bisogna essere consapevoli che al Sud si gioca la vera partita per l'Italia intera, in quanto anche l'avvenire del Centro-Nord dipende dalla possibilità che le regioni del Sud riescano a farcela.

Riccardo Pedrizzi