La mia Europa non è quella del Manifesto di Ventotene

Caro Direttore,

mi dispiace doverle chiedere di nuovo ospitalità per tornare sul tema del Manifesto di Ventotene ma la replica del Dottor Mario Leone, Direttore dell'Istituto studio federalista Altiero Spienlli di Latina, merita la mia risposta, anche perché negli ultimi tempi non accade spesso aprire un dibattito di carattere culturale come quello che si sta svolgendo meritoriamente sulle pagine di “Latina Editoriale Oggi”, ma anche privatamente con la partecipazione dell'On.le Silvia Costa, che mi ha inviato un garbato messaggio del quale la ringrazio.

Come potrà rilevare lei ed i suoi pazienti lettori, la mia è stata una riflessione sul contenuto del Manifesto e sugli effetti che quell'impostazione ideologica ha avuto ed ha (ahime!) sulle condizioni attuali dell'Unione europea.

La replica, invece, del Dottor Leoni tenta di conferire al documento credibilità democratica, citando nientemeno articoli di Luigi Einaudi – lui sì autentico liberale – del 1918 cioè di 35 anni prima, di dargli affidabilità pluralistica, coinvolgendo nel disegno originario di Spinelli, a posteriori, esponenti cattolici come De Gasperi. Oltretutto intercalando il suo discorso con il riferimento continuo a me di “già senatore”. Non sapendo, evidentemente, che il titolo di parlamentare della Repubblica resta a vita, ovvero mostrando poca considerazione per chi ha avuto largo consenso popolare, in ossequio ad una visione oligarchica ed elitaria propria di chi si rifà all'esperienza del Partito Azionista. Un mini partito che, presentatosi alle elezioni nel dopo guerra ottenne consensi tanto insignificanti da indurlo a non partecipare più, in seguito, a nessun altra competizione elettorale. E in effetti facendo ironia su chi è stato eletto per ben quattro legislature, risultando il primo o il secondo in Italia, quanto a percentuali di voti.

Ma veniamo al contenuto del Manifesto. Egli riporta – il Direttore - brani del documento, per quanto riguarda l'internazionalismo (“quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale”), che confermano la mia tesi secondo la quale “l'Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un'unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l'embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente da tutta la faccia della Terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del Mondo. Insomma l'Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista”.

Per quanto riguarda infatti la visione oligarchica ed elitaria basta leggere cosa è scritto nel Manifesto: “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”... e poi “reclutare nell'organizzazione del partito solo coloro che abbiano fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita”.

Ora, caro Direttore, andando oltre la polemica spicciola che non può trovare spazio in questo confronto che lei ci consente, che dovrebbe essere civile e svolgersi sul piano delle idee e delle concezioni del mondo e della vita, tento di riassumere il contenuto vero del Manifesto di Ventotene, riportando quanto in esso è scritto: “la rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”; “la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”;

“nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nelle rivoluzioni russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi”;

“il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie, con i suoi milioni di teste non riesce a raccapezzarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra loro”;

“nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultare di passioni. (…) La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”;

“il partito rivoluzionario non può essere dilettantisticamente improvvisato (…). (…) dalla schiera sempre crescente dei suoi simpatizzanti deve attingere e reclutare nell’organizzazione del partito solo coloro che abbiano fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita (…)”;

“durante la crisi rivoluzionaria spetta a questo partito organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente come crogioli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate”;

parlando sempre del ruolo del partito rivoluzionario nella costruzione del nuovo Stato europeo, il Manifesto conclude che “esso (il partito) attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia”.

Di fronte a questa vera e propria ideologia antidemocratica, oligarchica, tecnocratica e persino dittatoriale (il lettore paziente per cortesia legga parola per parola il documento), c'è la concezione cristiana dell'Europa come si vede agevolmente di seguito.

Papa Francesco ai Capi di Stato e di governo dell’Unione europea il 24 marzo 2017 disse:

“ ‘l’anima dell’Europa rimane unita, perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano’.

Papa Francesco, facendo riferimento non già a Ventotene, bensì ai firmatari dei Trattati del 1957, e guardando in prospettiva, ha indicati “i pilastri sui quali essi hanno inteso edificare la Comunità economica europea e che ho già ricordati: la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva... L’Europa ritrova speranza quando l’uomo è il centro e il cuore delle sue istituzioni. Ritengo che ciò implichi l’ascolto attento e fiducioso delle istanze che provengono tanto dai singoli, quanto dalla società e dai popoli che compongono l’Unione”;

Quanto al rispetto della volontà dei popoli, il Pontefice aggiunge che “Purtroppo, si ha spesso la sensazione che sia in atto uno “scollamento affettivo” fra i cittadini e le Istituzioni europee, sovente percepite lontane e non attente alle diverse sensibilità che costituiscono l’Unione. Affermare la centralità dell’uomo significa anche ritrovare lo spirito di famiglia(...). È opportuno tenere presente che l’Europa è una famiglia di popoli e – come in ogni buona famiglia – ci sono suscettibilità differenti, ma tutti possono crescere nella misura in cui si è uniti. Oggi l’Unione Europea ha bisogno di riscoprire il senso di essere anzitutto “comunità” di persone e di popoli.

Altro che dittatura del partito rivoluzionario.

 

In conclusione, per un osservatore in buona fede dovrebbe apparire chiaro che ci troviamo dinanzi a due visioni, due idee di Europa, tutte legittime naturalmente, ma contrapposte ed inconciliabili perché nel documento di Ventotene, come in genere in questo orientamento culturale ed ideologico, non viene riconosciuto spazio alcuno all'autonomia della persona, alla società civile, insomma al principio di sussidiarietà.

Come tutte le leggende, dunque, caro Direttore, ed ho veramente concluso, anche quella dell’UE ha i suoi miti. Uno dei più significativi e falsi è il Manifesto di Ventotene; ma la semplice lettura di quel documento dovrebbe indurre i suoi apologeti ad avere un po’ di pudore nell’esaltarlo, visto che in quel Manifesto vi è la radice ideologica di istituzioni comunitarie lontane dai popoli ed oggi arroccate in burocrazie, che guardano alla democrazia come a un pericolo, che ritengono l’unificazione europea non l’esito di un percorso di federazione fra popoli e nazioni, nel rispetto delle specificità di ciascuna, ma l’imposizione dall’alto di regole comuni.

Ora questa leggenda, con i suoi falsi miti, mostra i suoi limiti nel confronto con la realtà, che abbiamo vissuto anche nel corso della pandemia del Covid 19.

L'alternativa vera oggi non è fra europeismo e nazionalismo (o sovranismo), ma fra Ventotene e Magistero della Chiesa quanto al rispetto delle identità e della volontà dei popoli, alla consapevolezza di una storia e di un destino comune.

 

Riccardo Pedrizzi

www.riccardopedrizzi.it