La patrimoniale è inefficace e dannosa

La ventilata tassa "patrimoniale", che anche recentemente e di tanto in tanto, a seconda delle necessità, qualche sprovveduto propone e tenta di introdurre nel nostro sistema fiscale tradisce una concezione statalista, mai completamente superata, di una certa parte politica.

Ed anche in occasione di questa crisi devastante prodotta dalla tragedia del coronavirus qualcuno per racimolare un po di Euro ha riproposto questo odioso balzello (tassare tutti i redditi superiori agli 80.000 euro), diffondendo, oltretutto, all'interno del corpo sociale ulteriore veleno, quello dell'invidia di classe, come se non bastasse la rabbia degli italiani (si parla di circa 10 milioni di poveri nel nostro Paese, più 3 milioni rispetto al prima del virus) che non riescono nemmeno a dar da mangiare alla propria famiglia.

E cosi si riaffaccia l'ipotesi di una patrimoniale, che già nel passato si era dimostrata oltre che inefficace anche dannosa perché crea un clima di paura e di sfiducia trai risparmiatori, che pagano regolarmente le tasse; in quel ceto medio cioè che è stato già tartassato e distrutto nel corso degli ultimi anni e che ciònonostante ancora sostiene quasi per intero il gettito dello Stato.

Oltretutto la proposta viene avanzata quando è alle viste il varo d un prestito nazionale volontario da offrire ai nostri concittadini per sostenere la ripresa economica del Paese, come proposto da più parti, e che potrà avere “chances” di successo solo in un clima di fiducia e di consapevolezza della necessità di dimostrare al mondo intero che noi siamo i primi a credere nel futuro dell'Italia, diventandone i protagonisti, in base al “principio di sussidiarietà”.

Nella dottrina sociale della Chiesa i confini dello Stato rispetto alle autonomie private sono definiti appunto dal principio di sussidiarietà a cui tutte le società sono «gravemente obbligate ad attenersi» (San Giovanni Paolo II). Questo principio stabilisce che, «siccome non è lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare» (Enciclica “Quadragesimo Anno” di Pio XI, del 1931).

Compito dello Stato, dunque, è fare quello che i privati non riescono a fare da soli: è per organizzare questo “di più” che lo Stato ha diritto di esigere i necessari tributi. (cfr. Riccardo Pedrizzi, Fede, Economia e Sviluppo Edizioni Patheon).

Al principio di sussidiarietà si contrappone così lo statalismo, che dilata la spesa pubblica e, di conseguenza, aumenta la pressione fiscale. Lo stato moderno perciò allarga sempre più le sue funzioni e assume continuamente nuovi compiti. A mano a mano che la sfera del pubblico si allarga, la sfera del privato si comprime e con essa si comprime lo spazio della libertà personale. Di qui anche la necessità di avere dei “corpi intermedi” che stiano tra la persona e lo Stato, e che, come diceva il pensatore francese controrivoluzionario Louis de Bonald, proteggono la libertà per il solo fatto di esistere. Soppressi i corpi intermedi, la persona si sradica e diventa astratta, perde libertà e autonomia.

Alle esigenze diffuse, che si sono amplificate anche a seguito della tragedia della epidemia del coronavirus, va riproposta l’attualità politica del principio di sussidiarietà alla luce della formula: «tanta libertà quanta è possibile, tanto Stato quanto è necessario».

Riccardo Pedrizzi

RASSEGNA STAMPA

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