Spinelli non è De Gasperi e nemmeno Schuman ed Adenauer

Egregio Direttore,

il Suo quotidiano sta dedicando, giustamente, ampio spazio alle vicende che riguardano Ventotene ed il carcere di Santo Stefano con vari articoli. L'ultimo dei quali del 19/06 u. s. "Carcere Santo Stefano. Il piano Recupero approdi cancella le testimonianze" riporta la lettera aperta all'On.le Silvia Costa, Comissario Straordinario, di Italia Nostra Lazio, che esprime grandi perplessità sul progetto di Invitalia sul recupero dell'ex carcere borbonico dell'isola, che rischia di cancellare testimonianze archeologiche di epoca romana.

Ma grande rilevanza è stata data da "Latina editoriale Oggi" anche, il 5 giugno scorso, in occasione dell'ottantesimo anniversario del "Manifesto di Ventotene", al Convegno in webinar "Dalla memoria il futuro d'Europa: il ruolo della ricerca storica" con la partecipazione di diverse autorevoli personaggi "per riflettere sul futuro del nostro continente".

Lei ha dedicato anche spazio alla vicenda della intitolazione di un tratto di Viale Delle Medaglie D'oro, da parte dell'Amministrazione comunale di Latina ad Altiero Spinelli, uno dei sottoscrittori del Testo del Manifesto di Ventotene.

E poi c'è stato l'annuncio della possibilità di fare visite guidate a Santo Stefano "per rendere questo luogo straordinario accessibile e fruibile ai visitatori, perché possa poi rappresentare una fonte di apprendimento della storia e dei diritti che qui sono nati e per i quali si è combattuto" e, successivamente, il suo quotidiano ha dato la notizia dell'accordo quadro tra Università “La Sapienza” ed il commissario straordinario del Governo per il "Progetto di Recupero e Valorizzazione dell'Ex Carcere Borbonico" (16/06/2021). Ma tante altre occasioni ci sono state per parlare di questo nostro tesoro delle isole pontine.

Tutte queste iniziative stanno creando aspettative, speranze ed anche polemiche, come sempre avviene quando si mettono in moto processi che non solo toccano temi culturali e politici, ma che determinano anche lo sviluppo futuro di interi territori, fino a poco tempo fa trascurati e, perciò, riguardano la crescita culturale, civile ed economica degli stessi abitanti dei luoghi interessati.

In ogni caso è molto positivo che l'isola ed il carcere, anche per la partecipazione di eminenti personaggi delle istituzioni europee come Ursula Von del Layen, Presidente della Commissione e David Sassoli, Presidente del Parlamento, già da qualche anno siano stati portati all'attenzione del grande pubblico nazionale ed internazionale con indubbi ed auspicabili ritorni in termini di afflusso turistico.

Il decollo dell'attenzione – come lei ricorderà - era iniziato, per la verità, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22/8 del 2016 con con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché - disse l'allora Presidente del Consiglio italiano - "l'Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l'Unione Europea".

Da allora il leit-motive di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l'idea che quel "manifesto" fosse la base, l'atto di battesimo della causa europeista. Più importante e meglio "disegnata" di quella voluta e vagheggiata dai vari ed autentici padri dell'Europa: Alcide De Gasperi, in odore di santità, Konrad Adenauer e Robert Schuman, per il quale proprio recentemente Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare il decreto per riconoscerne le virtù eroiche di servo di Dio.

In realtà le istituzioni europee erano nate con tutt’altra ispirazione di quella del Manifesto per principale impulso dei tre statisti, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell’Europa ed avevano assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (attualmente il massimo riconoscimento europeo è proprio e non a caso un premio intitolato a Carlo Magno) e pochi sanno che le stelle che circondano il vessillo europeo sono le stelle che ornano il capo delle Vergine Maria.

Il filone “laico” era già allora presente, ma aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei.

Ora ci si dovrebbe chiedere perché si insiste tanto su tale manifesto e perché si rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Ciò è evidente. Perché la cultura e quindi il progetto politico attuale dell'Europa, sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui provenivano gli autori del Manifesto di Ventotene.

C'è dunque un obbiettivo idelogico e ci sono poi gli aspetti simbolici per celebrare col massimo risalto possibile il “Manifesto di Ventotene”.

Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colosini ed altri, infatti è molto celebrato dalla cultura di sinistra italiana, ma in effetti largamente ignoto altrove.

In pratica si sta facendo passare quel Manifesto come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee e si parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell’Europa.

La verità è che, redatto da intellettuali di sinistra, futuri co-fondatori del Partito d’Azione, il documento è un vessillo di quell’idea d’Europa molto “laica”, se non laicista, e molto statalista, che in effetti all’inizio del processo di unificazione ebbe ben poco peso e che prevalse più tardi, solo dagli anni ’80 del secolo scorso, fino a condurre l’attuale Unione Europea nella situazione in cui si trova adesso.

Caro Direttore, in effetti l’Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un’unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l’embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente da tutta la faccia della Terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del Mondo. Insomma l'Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista.

E' la visione, per essere ancora più chiaro, di un insieme di tutti i popoli che costituiscono l’umanità, di cui la federazione europea dovrebbe essere la garanzia perché i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un avvenire, in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo. Risulta chiaro pertanto l'impostazione antinazionale di tutto il progetto.

Basta leggere bene tutto il documento:

Nella prima parte del Manifesto si sostiene che gli Stati nazionali sono stati uno strumento utile a ridurre il potere reazionario del Vaticano, ma poi sono diventati gli artefici di nazionalismi e totalitarismi; sono stati una tappa, che è da superare in vista di una sempre più grande aggregazione statale, prima europea e poi mondiale.

Nessun riferimento alla comune identità europea, alla cultura, alle tradizioni, alla religione che hanno costituito la storia del continente europeo è rilevabile all’interno del freddo e burocratico manifesto spinelliano, che vuole l’unità europea perché “è la tendenza storica della Modernità a volerlo”.

Ancora, considerata la religione come fattore di oscurantismo, con la fratellanza universale che ignora le differenze tra i popoli, il Manifesto di Ventotene ha, inoltre, un sapore oligarchico: Spinelli critica il processo democratico e la sovranità popolare e chiarisce che deve essere una minoranza “veramente rivoluzionaria” a guidare il processo di integrazione europea.

In pratica Altiero Spinelli avrebbe voluto alla guida della futura Unione Europea un organismo indipendente, senza legittimità democratica, non eletto, competente (i migliori di oggi) e non soggetto a scrupoli di carattere morale o sentimentale; in una parola, un organismo tecnocratico.

Come è strana la storia: sembra quasi la Commissione Europea.

Mi chiedo, perciò, egregio Direttore, dopo questa lunga lettera, per la quale mi scuso in anticipo, se molti di coloro che parlano spesso del Manifesto di Ventotene lo abbiano mai letto nella sua integralità e se non sia il caso di aprire, al di là di ogni pregiudizio di parte ed ideologico, veramente di aprire una riflessione seria ed approfondita come giustamente chiedono la mia amica Silvia Costa – cattolica – e molti esponenti autorevoli delle istituzioni.

Riccardo Pedrizzi

www.riccardopedrizzi.it

 

P.s.: Se uno dei pochi lettori di questa lettera volesse verificare direttamente il documento può visitarlo sul sito http://novara.anpi.it/attivita/2015/manifesto%20di%20ventotene.pdf ed andare direttamente al cap IV "La situazione rivoluzionaria: Vecchie e nuove correnti” cap. III, V, VI e terzultimo.