Essere cristiani in politica

Il ruolo del cristianesimo si manifesta nella società civile da sempre attraverso un ricchissimo apporto di spiritualità e di azione sociale e politica.

Bisogna partire da questa precisa constatazione ogni qualvolta ci si interroghi sulle finalità dell’impegno cristiano nel mondo.

La politica da sempre è intesa dal laico cattolico come servizio alla persona umana ed alla società.

Già in quella ricchissima e feconda fase storica che fu il Medioevo, caratterizzata da un quotidiano dialogo dell’uomo, attraverso le sue opere sociali, con la dimensione divina della realtà, si sviluppò una profonda riflessione sul ruolo della testimonianza cristiana nella società civile.

Risale a quel periodo la massima del giurista canonista Giovanni Bassiano “Vita militia super terram”, che si può ritenere anche oggi di estrema attualità, posto il contesto di difficile identificazione di un cammino di testimonianza cristiana in un’epoca di arida secolarizzazione dei rapporti sociali.

L’“ispirazione cristiana” in politica, ci consente di leggere perciò l’impegno politico come “dovere etico”.

Se analizziamo, infatti, l’evoluzione dei rapporti sociali dal ventesimo secolo ad oggi, non possiamo che constatare come il disordine nell’ambito morale abbia progressivamente dilacerato l’animo della società.

In primo luogo, ad esempio, contrapponendo la tecnica e la scienza alla fede. Ancora, omologando tutti i valori etici con la creazione di società multietniche.

Infine, imponendo il dominio della dimensione economica nella vita umana, mortificando persino la dignità della persona.

La contingenza della storia non può, invece, e non deve far dimenticare mai al cristiano impegnato in politica, che la fede religiosa deve sempre tradursi in azione.

Perché solo in questo modo si possono evitare i rischi del cosiddetto “riduzionismo”, della collocazione della fede religiosa del politico in una nicchia di culto privato.

Il successo personale di Papa Giovanni Paolo II era, non a caso, il frutto del suo generoso slancio pastorale nel mondo, secondo l’adagio evangelico “… andate e proclamate alle genti…”. Così per la sua testimonianza politica.

Giustamente Romano Guardini, analogamente a Don Giussani, sosteneva che il Cristianesimo è la più “materialista” delle religioni; perché secondo il disegno divino il concetto di storia esige un ideale intelligente.

Per questo si comprende bene perché nel magistero sociale della Chiesa vi è sempre il richiamo all’uomo “concreto”, nella realtà altrettanto concreta del “popolo”.

E’ evidente che queste riflessioni e queste valutazioni divenute di estrema attualità in questo periodo facciano storcere il naso ai più intransigenti laicisti dei nostri giorni che mal digeriscono che si affermi che è proprio la politica il luogo privilegiato in cui il cristiano è chiamato ad inverare il suo credo, a mettere alla prova la sua fede in forma di servizio e di impegno.

E questo timore che i cattolici possano, grazie alla forza del loro credo, incidere in misura determinante sullo sviluppo della società, è stato sempre il cruccio dell'anticattolicesimo dilagante in Occidente.

Riccardo Pedrizzi

RASSEGNA STAMPA

Il Settimanale di Padre Pio - Essere cristiani in politica