Giochi, un settore allo sbando

Questa pandemia sta gettando nel disastro migliaia di imprese di tutte le dimensioni e di ogni settore merceologico. Ce ne è uno però che, oltre a subire direttamente gli effetti della crisi, sta producendo gravi danni allo Stato e, quindi, indirettamente a tutta la comunità nazionale – e non sempre la politica sembra rendersene conto – di conseguenza a tutti noi.

Si tratta di tutta la filiera del gioco legale, che nel passato ha contribuito al gettito dello Stato, cioè a raccogliere e pagare tasse all'Erario per oltre 11 miliardi di Euro (dati dell'Agenzia delle Dogane al 2019) e che, invece, nei primi 10 mesi dello scorso anno ha visto ridursi queste entrate di 4,5 miliardi (dati ufficiali del Dipartimenti delle Entrate del MEF).

Circa l'80% del calo è imputabile alla perdita di gettito registrata dal canale retail (sale gioco, agenzie di scommesse e Bingo) non solo per le chiusure disposte dai vari DPCM, ma perché i giocatori si sono spostati sul gioco illegale. La conferma è arrivata direttamente dal direttore generale delle Dogane e dei Monopoli, prof. Marcello Minenna, che ha rilevato che: «Durante il lockdown c'è stata una esplosione del gioco d'azzardo illegale a fronte di una contrazione del gioco legale. Numerosi sono stati gli interventi di repressione in più di 50 capoluoghi di provincia, controllando 250 sale illegali». Questo grido d'allarme Minnea lo aveva già lanciato ad agosto scorso e poi ancora ad ottobre.

Quali sono le cause di questo crollo del gioco legale e quali quelle dell'incremento di quello illegale?

Innanzitutto il trattamento penalizzante e di fatto discriminatorio di un intero settore che pur aveva predisposto un rigoroso protocollo per il contenimento del Covid 19 nelle sale e nei luoghi di accesso ai giochi. Infatti quando fu dichiarata la fine della chiusura totale dei mesi di marzo ed aprile e la riapertura dal 18 maggio, solo le sale giochi sono state costrette a rimanere chiuse potendo riaprire solamente dal 15 giugno e non su tutto il territorio nazionale, perché in alcune regioni si è iniziato a lavorare solo nel mese di luglio.

Il DPCM poi dello scorso 24 ottobre ha di nuovo disposto la chiusura di tutte le sale ed i casinò, a differenza di tutte le altre attività economiche. Eppure non risulta che ci siano stati casi di focolai in qualche sala.

A questi provvedimenti di carattere contingenti si aggiungano: il calo delle scommesse dovuto anche agli interventi normativi sulla aliquota di imposta; il minor reddito procapite dei giocatori; la riduzione della rete dei negozi; l'espulsione del gioco legale dai centri urbani in applicazione di leggi regionali e comunali ecc. ecc.

Quali le conseguenze di questa situazione?

a) la maggior parte dei lavoratori, non solo quelli addetti “diretti” alle attività di gioco, ma anche quelli delle attività funzionali e di filiera, come dipendenti dei bar, delle pulizie, del personale impiegatizio ed amministrativo, della vigilanza ecc. ecc., avendo sospeso l'attività per lungo tempo, più di ogni altro settore sono stati penalizzati in termini di reddito.

b) I rischi di chiusura li corrono principalmente piccole imprese familiari di gestione di agenzie di scommesse, esercizi pubblici e potrebbero riguardare centinaia di sale scommesse, di sale giochi e migliaia di bar, interessando solo in questo segmento della filiera almeno 30.000 addetti.

Stiamo parlando di 14.800 tra attività diretta o integrata negli esercizi dedicati, 12.000 gestori, quasi 28.000 assimilati cioè in esercizi come i bar dove sono presenti awp, 1.700 produttori, oltre a 12.000 lavoratori delle sale bingo. Solo per le sale scommesse ci sono in ballo 25.000 posti di lavoro diretti.

A questo pezzo di filiera si aggiunge tutto il comparto dei Concessionari sul quale si è abbattuto, come ha rilevato giustamente il Direttore Generale delle Dogane e dei Monopoli: «l'emergenza epidemiologica e il blocco totale della raccolta del gioco pubblico che ha comportato nel periodo da marzo e fino alla fine di giugno e dal mese di ottobre a gennaio 2021 un impatto profondo non solo sulle entrate erariali derivanti dal gioco ma anche sugli stessi bilanci dei concessionari di Stato con effetti ancora totalmente da individuare sul quadro economico complessivo e sullo stesso equilibrio delle concessioni».

La crisi ha, dunque, effetti “diretti” sulle imprese e sui dipendenti dei Concessionari ed “indiretti” sui conti dello Stato, perché si tratta in questo caso di un segmento della filiera che funge da player e da motore dell'intero settore, svolgendo, oltre il ruolo di sostituto d'imposta nell'interesse dello Stato, anche quello di garante della legalità, della trasparenza e della regolarità di tutto il processo del gioco (si pensi, ad esempio al collegamento delle varie “macchinette” alla Sogei).

Il cittadino italiano ha una particolare propensione al gioco, per cui davanti alle restrizioni per Covid ha continuato a giocare, indirizzandosi verso il gioco illegale ed in particolare verso le piattaforme che solo in parte vengono intercettate dall'Agenzia e dalla Guardia di Finanza, l'impegno perciò è quello di riportare sull'ambito del gioco legale queste attività.

Per concludere

a) Il trattamento penalizzante deriva principalmente dalla complessità dello stesso settore con normative differenti e spesso confliggenti tra Stato e Regioni, tra regioni e regioni e tra comuni e comuni, spesso addirittura confinanti; con sovrapposizioni di competenze tra ministeri (MEF, Salute, Interni ecc. ecc.).

b) Il settore si presta a facile demagogia e ricerca di qualunquistici consensi che bypassano e non tengono conto di studi seri (vedi quello dell'Istituto Superiore di Sanità), di rilevazioni, indagini e ricerche (vedi quelle dell'Eurispes, ecc. ecc.).

c) La complessità del settore richiede competenza, studio, esperienza che mai come in questo periodo difettano tra la classe dirigente del Paese e tra le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione.

d) Occorre sopratutto capacità di ascoltare chi del settore si intende ed ha ben individuato le necessità dell'intero settore, proponendo:

un nuovo Testo Unico che raccolga e sintetizzi tutta la normativa;

di devolvere una parte delle entrate a Regioni e Comuni;

di incentivare ed intensificare il controllo del territorio per contrastare il gioco illegale.

Tutte proposte, peraltro, che erano anche contenute nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva promossa da chi scrive al Senato della Repubblica e votata all'unanimità da tutte le forze politiche.

 

Riccardo Pedrizzi

Presidente Commissione Finanze e Tesoro del Senato (2001-2006)

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